Credo nei materiali innovativi, tenendo focalizzato il giusto obiettivo
riciclare al meglio e al più presto la maggior quantità di materiale possibile
Barriere funzionali e requisiti necessari
per gli imballaggi di prodotti alimentari
Il Pacific Trash Vortex, noto anche come grande chiazza di immondizia del Pacifico
fenomeno presente anche nell'Atlantico e nel Mediterraneo
Il termine corretto sarebbe “materiali polimerici”, esistono miriadi di plastiche diverse con proprietà diversissime, passando da quelle più economiche che a 40° sembrano già yogurt arrivando a materiali che costano centinaia di euro al chilo che resistono a temperature prossime ai 400° e in ambienti estremi.
Tuttavia tutti i materiali polimerici hanno in comune una semplice caratteristica: sono composti da polimeri.
Ebbene sì, a differenza di gran parte degli altri materiali strutturali, le plastiche sono composte da intrecci complessi di lunghe molecole, più o meno lineari e flessibili, formate da copie di uno stesso “gruppo” molecolare agganciate le une alle altre da vari tipi di legami.

C’è un’ultima differenza che è importante notare prima di arrivare a parlare di riciclo vero e proprio, dato che è necessario distinguere fra:
Questi ultimi comprendono ciò che comunemente noi chiamiamo “gomme”, ad esempio la gomma con cui sono realizzati gli pneumatici delle nostre auto, e i vari tipi di resine in commercio.
Potenzialmente è possibile trattare tutti i polimeri non reticolati in questo modo, ma per motivazioni prettamente economiche e logistiche a livello industriale ci si concentra sulle categorie più diffuse, che sono regolate ed identificate dall’ormai famoso simbolo con le tre freccette con all’interno un numero:
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, essenzialmente il processo di riciclo di un materiale segue questi step:
Il petrolio, come sappiamo, è una risorsa non rinnovabile destinata quindi ad esaurirsi, ma in realtà non ci è dato sapere con certezza quando finirà del tutto.
Che la risorsa del petrolio sia in fase di esaurimento è un dato di fatto ed è facilmente dimostrabile se si prendono in considerazione alcuni dati inconfutabili, uno tra tutti il fatto che circa 4/5 del petrolio che usiamo proviene da giacimenti la cui scoperta risale a prima degli anni 70, mentre i giacimenti di più recente scoperta sono pochissimi e di ridotte dimensioni, quindi di difficile e dispendiosa estrazione.
Ciò che preoccupa al momento non è il totale esaurimento delle risorse petrolifere bensì la previsione che si arrivi in tempi assai stretti al cosiddetto picco di Hubbert, cioè il momento in cui la produzione del petrolio raggiungerà il suo culmine per poi cominciare a diminuire drasticamente fino a esaurirsi nel giro di un certo numero di anni.
Se ancora oggi i paesi produttori di petrolio non hanno superato il picco di estrazione, quel che è certo è che stanno per farlo. Si prevede, infatti, che non più tardi del 2037 assisteremo impotenti a una graduale e lenta riduzione della fornitura del petrolio seguita da un aumento spropositato della domanda con i prezzi della benzina che schizzeranno ulteriormente alle stelle, senza trascurare l’aumento smisurato del prezzo del cibo e anche dei biglietti aerei, mentre i voli si ridurranno drasticamente. Sarà quindi un momento epocale per la storia di tutta l’umanità.
La sensibilità verso il riciclo porta il mercato a trovare soluzioni per imballaggi più semplici da riciclare, mentre i riciclatori sono coinvolti in una evoluzione spinta della tecnologia di selezione. La raccolta differenziata è in aumento e con essa l’esigenza di avere imballi sempre più facili da riciclare.
Oggi si riciclano bottiglie in PET, nel prossimo futuro cestini e vassoi in PET e poi sarà la volta delle stoviglie monouso e delle vaschette in poliproprilene.
Ad oggi si utilizza PET riciclato in prodotti a più strati in cui la plastica vergine è a diretto contatto con gli alimenti e poi nello spessore interno dell’imballo, dietro a quella che viene definita una barriera funzionale, può essere utilizzata plastica riciclata.
La raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio e al recupero, è quindi, uno dei sistemi più efficaci per fronteggiare l’emergenza rifiuti perché permette di ridurre il volume dei rifiuti da inviare in discarica ed anche di risparmiare materie prime ed energia.
Per avere una raccolta differenziata efficace le Amministrazioni Comunali hanno il compito di predisporre un servizio efficiente e attuare campagne di sensibilizzazione affinché i cittadini possano collaborare separando i rifiuti domestici e conferendoli nei contenitori appositi sistemati in diverse zone del territorio comunale.
Negli ultimi decenni, il tema della sostenibilità ambientale ha rappresentato un aspetto centrale nelle politiche dell’Unione europea e dei paesi più industrializzati, spingendo alcuni settori dell’industria verso filoni di ricerca volti a minimizzare l’impatto ambientale di alcuni beni di uso comune, in particolare nella produzione di polimeri per imballaggio, che rappresentano circa il 40% dell’intera produzione europea di materie plastiche (dati del Plastic Europe Market Research Group relativi al 2012).
Numerose attività e progetti di ricerca hanno riguardato lo sviluppo di materiali innovativi per le diverse tipologie di imballaggio di prodotti alimentari (food packaging), Il packaging alimentare rappresenta un fattore chiave nella conservazione degli alimenti: da materiale usato come semplice contenitore, si è trasformato sempre più in un mezzo in grado di ridurre la velocità di decadimento qualitativo del prodotto (proteggendolo dalla contaminazione microbiologica e chimica), garantendone allo stesso tempo il mantenimento delle proprietà organolettiche e nutrizionali.
l’industria chimica (polimeri plastici,..)
l’industria metallurgica (trattamenti e rivestimenti,.)
l’industria vetraria (rafforzamenti del vetro,…)
l’industria di trasformazione (stampa, accoppiamento,..)
l’industria meccanica (sistemi di riempimento,…)
l’industria alimentare (sistemi di stabilizzazione,…)
i centri di ricerca (active packaging,…)
Sicurezza del packaging e valutazione del rischio sono strettamente legate perché la normativa sulla sicurezza alimentare deve essere progettata
La valutazione preventiva del rischio ed il controllo sono concetti validi per l’industria, per l’autorità preposta al controllo e per la ricerca. Il rischio ed il concetto di rischio sono nell’art. 3 del Regolamento Europeo. La migrazione 0 non esiste, è scientificamente impossibile. Se ci si domanda se gli imballi a contatto con alimenti possono consentire la migrazione di sostanze e se queste siano pericolose, non è possibile rispondere con un sì o con un no.
Dipende dall’interazione tra imballo ed alimento, dalla tossicità eventuale e dalla quantità di alimento consumato. Le legge dice che gli imballi non devono trasferire ai prodotti alimentari quantità di migranti tali da costituire un pericolo per la salute, non devono comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari o comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche. Il pericolo deve dunque riferirsi ad una quantità non tossica anche se viene assunta.
La valutazione del rischio è la scienza della sicurezza e deve essere approcciata con metodologia internazionale. Negli imballi a contatto con alimenti, il rischio deve essere individuato, studiato, valutato e caratterizzato. Da questo lavoro si evincono i potenziali problemi associati all’esposizione alla sostanza, che si prevengono con i controlli e con eventuali limitazioni all’uso. La valutazione del rischio compete sia al pubblico sia al privato che è il primo a conoscere l’applicazione del prodotto.
La normativa infatti non riesce a stare al passo con l’innovazione, e la norma europea affida in primis al produttore, la competenza e la responsabilità sul tema della sicurezza alimentare mentre rimane fondamentale l’attività ispettiva dell’unione Europea e degli stati membri.
proprietà di “barriera” nei confronti di gas e vapori (anidride carbonica, ossigeno, azoto, vapor d’acqua) tra l’ambiente esterno e l’interno della confezione e dell’alimento, evitandone il deterioramento;
assenza di migrazione di agenti chimici dannosi per la salute del consumatore (inchiostri, solventi, elasticizzanti, additivi ecc. ) dall’ imballaggio all’alimento, aspetto di fondamentale importanza per il mantenimento della qualità igienica degli alimenti (liquidi o solidi) a contatto con l’imballaggio stesso;
proprietà ottiche (trasparenza, colore, brillantezza) stabili nel tempo e non soggette a modifiche dovute a variazioni di temperatura, umidità, esposizione a radiazioni elettromagnetiche e ionizzanti che rendano il materiale inadeguato all’uso cui è destinato, per motivi di carattere strutturale o estetico;
buone proprietà meccaniche che ne permettano la lavorabilità con tecnologie tradizionali e la trasportabilità;
facilità nello smaltimento, nel riciclo o nel riutilizzo (compostaggio).
Le barriere funzionali sono degli strati che sono in grado di fermare la migrazione di una sostanza, anche se è azzardato parlare di barriere assolute. E’ un settore in evoluzione che vede coesistere barriere cosiddette tradizionali come il PVDC, l’alluminio, il poliestere e l’EVOH , insieme a barriere nuove come i nanocompositi (molto utilizzati come antimicrobici), le barriere attive (che conservano i cibi molto più a lungo), o gli ossidi di Silicio (SIOX) per citare i più noti.
Esistono barriere per conservare il colore, le proprietà nutritive, la perdita di umidità, gli aromi (si pensi al caffè), o al contrario per preservare dalla contaminazione da sostanze estranee, ma vi sono anche barriere per i contaminanti che, dall’esterno della confezione o dall’imballo stesso, possono arrivare al prodotto.
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Progettare riciclo rientra nelle attività di prevenzione di CONAI nell’ottica della strategia “dalla culla alla culla” che rappresenta oggi uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare.
Al fine di ottenere documenti condivisi e partecipati da tutta la filiera, CONAI mette a disposizione la consultazione pubblica di tali documenti, commentabili dagli utenti, previa autenticazione, in tutte le loro parti.
Le “Linee Guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in materiale plastico” sono al momento in fase di revisione; la versione finale del documento recepirà le segnalazioni proposte e sarà pubblicata sul sito http://www.progettarericiclo.com entro fine marzo 2017.
EPBP nasce nel 2009 da un’iniziativa volontaria raggruppando tecnici esperti nel settore della produzione e del riciclaggio di bottiglie in PET, con lo scopo di fornire una valutazione oggettiva e indipendente sul grado della fattibilità di riciclaggio di esse.
La piattaforma è sostenuta da alcune delle più importanti organizzazioni e associazioni europee interessate a questa problematica, quali European Federation of Bottled Waters (EFBW), European Association of Plastic Recycling and Recovery Organizations (EPRO), Petcore Europe, Plastics Recyclers Europe (PRE) e European non-alcoholic beverages association (UNESDA).
Ente di certificazione e laboratorio prove di Bollate impegnato dagli anni ’60 nelle tematiche connesse al packaging alimentare. L’esperienza ci dice che il packaging alimentare può essere progettato in modo da minimizzare il rischio di migrazione dei suoi costituenti all’alimento stesso.
Sono le leggi della diffusione che lo dicono, costituendo la base per l’idoneità alimentare di materiali ed oggetti destinati al contatto alimentare (MOCA): minimizzare il packaging riduce il rischio di danno tossicologico per il contenuto.
Questa considerazione, che potrebbe risultare scontata, e’ per nulla fuori luogo, in quanto lega aspetti relativi alla sostenibilità e alla sicurezza dell’imballaggio alimentare.
Se immergiamo tale relazione in un contesto innovativo di continua ricerca, il quadro e’ completo e specchio della situazione attuale che osserviamo nei nostri laboratori. I requisiti della sicurezza alimentare esistono in modo consistente da circa 40 anni ed interagiscono con lo spirito innovativo;
Tutto ciò prende forma in un packaging alimentare che deve riuscire al meglio in quello per cui e’ stato progettato, garantendo la sostenibilità di tutte le sue fasi di trasformazione e riuso, e garantendo di poterlo fare in armonia con gli operatori della filiera e con il contesto sociale del bene di consumo – l’alimento – del quale viene a tutti gli effetti a far parte.
Oggigiorno entriamo in contatto con esempi di packaging innovativo: smart packaging, intelligent packaging, active packaging. E’ proprio questa l’innovazione che deve “fare i conti” con i capisaldi della sostenibilità tra i quali occupano un ruolo di rilevo la razionalizzazione dei materiali e l’esclusione di quelli ad impatto ambientale critico, la riduzione dei pesi, l’inquadramento sociale del prodotto.
Ma in tutto questo, la sicurezza di ciò che è alla fine così a stretto contatto con l’alimento, e quindi con noi, come si colloca? La risposta è relativamente semplice da un punto di vista legislativo in quanto i requisiti di idoneità alimentare per i MOCA devono essere rispettati. E’ una risposta che diventa invece più complicata in un contesto di ingegnerizzazione del packaging per il quale la sfida diventa la ricerca di un packaging riciclabile, pulito, sicuro ed innovativo.
La società è sicuramente parte attiva del sistema innovazione-sicurezza-sostenibilità che viene a delinearsi. Rimane comunque complicato attribuire ad essa un ruolo ben definito tant’è che può essere considerata “origine” e “conseguenza”. Può a tal proposito essere utile l’esempio attuale del Decreto n.113 del 18 Maggio 2010 che consente di utilizzare, nella produzione di bottiglie in PET per acque minerali naturali, fino al 50% di plastiche da riciclo. Tale decreto è proprio un esempio di risposta della società all’esigenza del riutilizzo.
L’innovazione, in questo caso, è associata ai processi industriali di recupero, di riciclo, di lavorazione della materia prima seconda ed è a totale supporto degli aspetti della sostenibilità. La società prende coscienza dei miglioramenti per la sostenibilità, valuta i mezzi a disposizione e la possibilità di migliorarli, si tutela dal punto di vista della sicurezza ed, infine, regola. CSI stando al passo con le nuove esigenze attesta la conformità del packaging, in accordo con la legislazione, ai principi di sicurezza, sostenibilità e innovazione.
Cibuspack ha nei suoi titolari e collaboratori riconosciuta esperienza nel settore,
il nostro impegno è rivolto ad immettere nel mercato degli imballaggi alimentari, rigidi e flessibili, un prodotto innovativo, un film poliestere monocomponente ad alta barriera 100% riciclabile.
Crediamo fermamente in questo prodotto perché allineato come esigenze, costi ed uso ai prodotti attuali, ma è riciclabile al 100%.
L’ esperienza maturata ci permette di offrire ai nostri clienti, un prodotto più trasparente e quindi più bello;
più semplice perché monocomponente, con costi allineati alle esigenze di mercato e riciclabile al 100%.
Il prodotto è già in uso dalle prime aziende utilizzatrici con ottimi risultati.
Non è necessaria nessuna modifica agli impianti esistenti (macchine termoformatrici)
L’utilizzo di plastica riciclata negli imballi alimentare è normata dal REGOLAMENTO (CE) N. 1935/2004,
il cui articolo 3 recita che “I materiali e gli oggetti, compresi i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione affinché, in condizioni d’impiego normali o prevedibili, essi non trasferiscano ai prodotti alimentari componenti in quantità tale da: costituire un pericolo per la salute umana, comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari o comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche”.
Se dunque il riciclo è realizzato secondo le buone pratiche di fabbricazione, con sistemi di controllo e di assicurazione della qualità, realizzando i test per i limiti di migrazione, si arriva ad un rischio minimo accettabile di contaminazione che consente di utilizzare plastica riciclata per imballaggi alimentari.
Quando le sostanze usate vengone riciclate si producono nuove materie prime e si riduce la necessità per l’uso delle risorse naturali che diventano ogni giorno più rare.
Le risorse delle materie prime sono limitate e se noi non le trattiamo con responsabilità, nel futuro l’umanità potrebbe trovarsi in mancanza dei minerali preziosi, petrolio, legno…
Il riciclaggio diminuisce la quantità dei rifiuti e della poluzione e risparmia l’energia.
La fabbricazione e tutti i processi con cui si producono i minerali e le materie prime danno origine alla polluzione e spendono energia.
Con il riciclaggio dei rifiuti si ricavano le materie prime necessarie per la produzione successiva.
È anche conosciuto che il riciclaggio è un lavoro lucrativo e che ci sono molti compratori delle materie prime.
È bene ricordare, inoltre, che la discarica non è un “pozzo senza fondo”: dopo alcuni anni si trasformerà in una collina di veleni pronta a inquinare il terreno e le falde acquifere.
E gli inceneritori? Stanno lì a bruciare i rifiuti e ad emettere nell’aria tanti fumi neri bravi a inquinare l’aria, ad aumentare l’effetto serra e a produrre piogge acide.
Non va trascurato poi il fattore economico:
lo Stato spenderebbe meno soldi per costruire discariche e inceneritori e i cittadini pagherebbero meno tasse sui rifiuti;
E’ bene quindi che tutti noi ci abituiamo a fare una raccolta differenziata dei rifiuti per:
– poter riutilizzare le materie prime e risparmiare le risorse naturali;
– diminuire i rifiuti che vanno nelle discariche e negli inceneritori;
– ridurre l’inquinamento causato da discariche e da inceneritori;
– risparmiare l’energia necessaria alla produzione della materia prima;
– risparmiare soldi.
La natura e il portafoglio ci ringrazieranno
Il Contributo Ambientale per gli imballaggi in plastica non sarà più unico ma modulato sulla base dei tre Criteri Guida:
la selezionabilità, la riciclabilità e, per gli imballaggi che soddisfano questi due criteri, il circuito di destinazione prevalente una volta divenuti rifiuti.
il contributo ambientale diversificato per gli imballaggi di plastica se preparato e applicato correttamente può dare anche lui un apporto all’aumento di materiale riciclato in Italia, ambendo a recuperare gli altri paesi europei più attivi rispetto a noi, primi tra tutti Germania, Svizzera e Olanda.
Se ne parla e lo si sta preparando da tempo, a partire dal 1° maggio sarà avviata la transizione verso il nuovo sistema, che premierà i rifiuti di imballaggio più facilmente selezionabili e riciclabili. Sicuramente positivo il lavoro affiancato che si sta facendo con progettarericiclo.com (Conai) in modo da poter essere più chiari e comunicativi possibili in questo momento su questo argomento.
L’applicazione del contributo ambientale diversificato per gli imballaggi in plastica andrà a regime a partire dal 1° gennaio 2018, mentre entro l’estate saranno resi noti i valori delle tre fasce contributive.
le agevolazioni maggiori andranno ai rifiuti da imballaggio provenienti dal circuito secondario (commerciali e industriali), un’agevolazione minore ai rifiuti da imballaggio di provenienza dal circuito “domestico”, ed infine un contributo invariato per tutti gli altri.
Bisogna augurarsi che questa ed altri fasi importanti in questi e nei futuri mesi siano sviluppate in maniera costruttiva ed operativa, non soltanto contributiva
Negli ultimi sessanta anni la plastica ha rivoluzionato la nostra vita e ormai avvolge tutto, anche il cibo che mangiamo ogni giorno. Basta pensare che il 90% degli imballaggi alimentari è in plastica, dalle bottiglie dell’acqua alle alici sott’olio, dagli utensili da cucina ai contenitori, ai piatti.
Un viaggio durato 7 anni per conoscere e combattere l’Isola di plastica del Pacifico, in inglese Pacific Trash Vortex , conosciuta anche come Great Pacific Garbage Patch. Lo ha intrapreso Angela Sun, surfista, subacquea e amante dell’oceano, che ha trasformato la sua avventura in un documentario: “Plastic Paradise: The Great Pacific Garbage Patch”.
Angela stava lavorando come corrispondente per la Current TV quando un collega le ha raccontato dell’enorme macchia composta soprattutto da plastica che galleggia indisturbata a partire dagli Anni ’50 nell’oceano (anche se la sua scoperta risale al 1997 per opera dell’ oceanografo Charles Moore). Incuriosita e indignata, ha inziato a documentarsi su quella che sembrava, all’epoca, quasi una leggenda metropolitana.
“bag it” (slang) 1°) mettere in busta – 2°) chiudere con qualcosa, smetterla; per esempio: “se non vuoi farlo, bag it (smettila)!”
Come si può vivere senza plastica? Jeb Barrier ce lo dimostra nel suo documentario dal grande clamore mediatico, “Bag it” (USA, 2010). Ogni giorno compriamo, usiamo e buttiamo milioni di sacchetti, barattoli e molti altri oggetti di plastica, con serie conseguenze per l’ambiente e per la salute umana. Il documentario, diretto da Susan Beraza, è un divertente racconto dell’uso e l’abuso della plastica che segue “l’uomo qualunque” Jeb Berrier nel suo tentativo di vivere senza plastica.
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